Un personaggio severo tiene in mano un enorme timbro per simboleggiare il peso della burocrazia italiana per i vignaioli. L'immagine è in stile illustrazione

Dopo la fillossera, un temibile ed insensato male colpisce il vino italiano

Dalla vigna alle carte bollate

Un antico casale circondato da maestosi alberi guarda lunghi filari di vigna protetti da silenti muri a secco mentre un uomo vestito di jeans e camicia a quadri calpesta un soffice tappeto verde. Un’immagine tanto evocativa della viticoltura, quanto banale se pensiamo al grande lavoro quotidiano del contadino. Uno sforzo letterario del tutto auto referenziale che ahimè sortisce il breve effetto di un coinvolgimento superficiale al mondo del vino, scordando che sono le ruvide mani dei vignaioli ad animare la giostra della bevanda capace, come nessuno, di donare allegria al palato e gioia all’anima, un riconoscimento artistico che viene costantemente umiliato dalla burocrazia, elemento assai più gravoso e pesante della terra.

Cosa vuol dire oggi essere dei produttori di vino in Italia?

Possiamo affermare, senza nessuna arroganza, che tali figure sono un fiero presidio alla valorizzazione e salvaguardia del più vasto patrimonio mondiale di biodiversità vinicola (secondo i dati OIV il 75% della sua superficie vitata italiana è composta da oltre 80 vitigni diversi, contro i 15 di Francia e Spagna), dove terroir, tradizione e paesaggio rappresentano l’eccellenza assoluta di un eno-cosmo minato sempre di più dallo spietato regno delle carte e dei bolli. Un temibile ed insensato male che si accanisce su piccole e grandi aziende, che ogni giorno si vedono costretti a rimandare l’appuntamento con il meritato riposo per assolvere ai doveri di compilazione di inutili e complessi protocolli.

Adempimenti legislativi difficili da sbrigare in autonomia, richiedendo l’aiuto (a pagamento) di consulenti esterni e software, con l’UIV (Unione Italiana Vini) che stima l’incidenza di queste pratiche pari (in certi casi) a €8 per ettolitro (quasi €0.10 per bottiglia). Un recente report dell’Institut Agricole Regional della regione della Valle d’Aosta ha stimato che un’azienda impiega circa 3 ore per vendere 100 bottiglie, mentre “spende” 139 ore all’anno per svolgere i propri compiti (il dato fa riferimento ad una cantina di due ettari con una variazione del 5% per ogni ettaro di superficie in più o in meno). Numeri allarmanti se si considera che la conduzione del vigneto assorbe solo il 30% del tempo, contro il restante 70% che è usato per esplicare documentazioni riguardati la trasformazione dell’uva in vino e la vendita delle bottiglie.

Ci piacerebbe dire: beviamoci su, ma forse anche in questo caso dovremmo firmare un modulo e proprio non ci va!

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