I diversi volti del Nebbiolo in Piemonte
Tra mare e vino. Roero, Barolo e Barbaresco: diverse storie enologiche leggendarie che si intrecciano.
Roero: il nebbiolo delle sabbie
“Sapore di mare, che hai sulla pelle, che hai sulle labbra…” così cantava Gino Paoli nel 1963 ispirandosi alla sua tormentata storia d’amore con Stefania Sandrelli. Ebbe più fortuna il rapporto tra il Roero ed il Nebbiolo. Questa porzione di territorio compresa tra Torino e le Langhe risultava essere, più di 250.000 anni fa, un fondale marino, chiamato Golfo Padano. L’attuale nome deriva dal nobile Casato dei Conti Roero, feudatari di queste terre che nel XIII secolo iniziarono a costruire castelli e palazzi. Oggi questo scrigno di fossili e conchiglie marine per la sua storia geologica riesca a conferire un’elegante sapidità ai vini sia bianchi che rossi. Ricordi di antiche spiagge racchiuse in bicchieri di vino.
Il vino dei Re, il Re dei vini
Siamo a metà del 1800 e l’Italia era un arcipelago di stati, granducati e piccoli regni. Le campagne erano ancora popolate e i contadini delle Langhe terminata la dura giornata di lavoro bevevano un vino dolce, rosato e leggermente mosso. Di quale vino stiamo parlando? Del Barolo! La (ri)nascita di questo vino si deve al marchese, del comune di Barolo, Marco Tancredi Falletti e a sua moglie Juliette Colbert che intuirono il potenziale del Nebbiolo rivoluzionandole la produzione. Solo grazie alle loro intuizioni, il Barolo divenne un vino rosso fermo di qualità, iniziando a catturare l’attenzione e i palati dei personaggi più illustri di Torino, compreso Carlo Alberto di Savoia, grande appassionato di vino, che messo al corrente delle novità introdotte dai Marchesi, chiese ai due nobili di poterlo degustare. Il Re ne rimase così entusiasta da ordinarne un grande quantitativo e fu così che da quel momento in poi il Barolo divenne “Il vino del Re”.
Barbarica Silva Barbaresco
I Romani erano gli indiscussi conquistatori dell’età antica, espandendo di anno in anno il loro impero. Per questo i popoli liguri, per sfuggire all’esercito di Augusto, si nascosero tra i fitti boschi che costeggiavano il fiume Tanaro, rendendo difficile per i soldati catturare i rivoltosi. Tanto era il nervosismo delle truppe che chiamarono questa zona “Barbarica silva”. Storia di colline selvagge usate per sfuggire all’esercito più potente del mondo. oggi culla di un vino apprezzato per la sua eleganza: il Barbaresco, un vino capace di regalare calici che sprigionano un elegante bouquet floreale di geranio e viola, accompagnato da delicati sentori di noce moscata, anice e spezie scure.
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